Qualche tempo fa mi è capitato di parlare con alcune persone, di utilizzare il termine stakeholder e di vedere davanti a me facce perplesse.
Ho tradotto il termine, usando “portatori di interesse”, ma la situazione non è migliorata.
Ci riprovo 🙂
Qualche tempo fa mi è capitato di parlare con alcune persone, di utilizzare il termine stakeholder e di vedere davanti a me facce perplesse.
Ho tradotto il termine, usando “portatori di interesse”, ma la situazione non è migliorata.
Ci riprovo 🙂
Nella nostra cultura il “fallimento” è uno stigma, la lettera scarlatta che ci si trascina dietro e chiude le porte. Anche giuridicamente parlando.
Eppure, se le statistiche dicono che il 70% di (nuove) aziende non decolla o lo fa ma poi annaspa e chiude, non ci si dovrebbe sentire così “fuori”. Dispiaciuti, certo, ma dentro le statistiche e dalla parte delle probabilità più elevate.
Niente di eccezionale, non vuol dire che si è stati pessimi o incapaci. Solo che è normale che vada così e che la prossima volta andrà meglio. Nel mondo anglosassone c’è un concetto molto diverso del fallimento che è, appunto, “normale”, una fase comune di un processo produttivo. Come l’acqua, diciamo così.
Non sarebbe bellissimo disegnare un bicchiere con Photoshop, mandare in stampa e ritrovarselo sulla scrivania pronto per versarci dentro il succo d’arancia?
Grassroots, cioè qualcosa che viene “dalle radici dell’erba” significa, in poche parole, spontaneo. Un movimento grassroots è creato da gruppi/comunità che credono in qualcosa e decidono di mettersi al lavoro per ottenere qualche risultato o anche solo evidenziare qualche aspetto di una tematica a loro cara.
Astroturfing è invece il contrario. Indica una situazione in cui si cerca di far passare per spontaneo (grassroots) un comportamento in realtà decisamente pilotato.
Perché si dice così? Perché Astroturfing è un’azienda americana che produce erba sintetica, quella dei campi sportivi. Quindi concettualmente grassroots fasullo.
Quando si vuole avviare un nuovo business oppure si vorrebbe migliorare il proprio, trovata l’idea, la prima cosa che bisogna vare è considerare il business model.
Premessa: il business model rappresenta la catena di creazione del valore, la mappa che rappresenta come le organizzazioni creano e deliberano il valore. Come le organizzazioni pensano di agire per creare valore per gli stakeholder? E’ scritto nel business model!
E’ importante anche per poter mappare il posizionamento di un business rispetto ai competitor e capire quali sono gli elementi che differenziano dalla concorrenza e costituiscono il vantaggio competitivo.
Un paio di giorni fa, durante uno degli ultimi (sob) incontro del Social Media Lab ho assistito alla presentazione di OilProject, un sito che offre lezioni gratuite online sui tempi dell’innovazione. E’ buffo pensare che tutto questo è stato inventato, quasi per gioco, qualche anno fa, da un ragazzo oggi appena ventenne. Intraprendente! 😉
Se qualche anno fa qualcuno mi avesse chiesto di dire la cosa che mi fosse venuta in mente al sentire “manifesto”, avrei risposto “affissione” oppure “Futurismo”.
Oggi, se qualcuno mi chiede a cosa associo il termine manifesto, mi viene da rispondere: Cluetrain.
Un post un po’ insolito, ma probabilmente utile.
Vi segnalo alcuni appuntamenti di questa settimana.
Il gioco è al quarto posto nei bisogni fondamentali dell’uomo: nutrimento, sonno, affetto, giocare, chiedersi perché, ha detto Umberto Eco.
Interessante! Questa cosa non vi fa sentire meglio?
Ogni anno è l’anno di qualcosa.
Siamo partiti dalla copertina di Time che dichiarava “you” come persona dell’anno.